giovedì 8 ottobre 2015

Mia madre

Eugenia mia
Ieri 7 ottobre era il giorno della tua di nascita. L’anno: 1920.

Mia madre

Eugenia mia, quanti ricordi! Oggi posso dire tutti belli. Anche se tu eri autoritaria, ma, col tempo ho capito che era a fin di bene. GRAZIE!
Ricordo…
-Quando all'età di cinque - sette anni, non avevo molto appetito, mi "obbilgavi" a mangiare "amarolla"(per forza). Mi portasti anche da uno specialista a Cagliari il quale mi prescrisse delle punture e una medicina chiamata "olio di fegato di merluzzo". Putzzi, putzzi!
-Quando la domenica mi facevi il bagno davanti al fuoco e mi aiutavi a vestirmi per andare a messa.
-Quando dopo il tramonto (verso l'ora di cena) mi mandavi alla bottega di alimentari a comprare i fiammiferi, oppure "duasa o tresi unzasa de cunserva"(due o tre once di conserva)
-Quando all'ora di cena non mi vedevi tornare e uscivi a cercarmi; tu mi chiamavi a voce alta in paese, in periferia e nella vicina campagna. Io ti sentivo ma non avevo il coraggio di risponderti e allora correvo a casa arrivando prima di te. Tu, quando tornavi (non certo contenta del mio comportamento!) me le suonavi...una musica nella schiena e nel sedere.
-Quando mi mandavi a tagliarmi i capelli. Mi dicevi: "Naraddi a su brabieri de ti tundi a s'umberto"(digli di farteli all'umberto, cioè a spazzola). Una volta, dpo che il barbiere mi aveva tagliato i capelli, i clienti presenti (tutti adulti) dicevano che mi aveva rapato a zero. Siccome allo specchio non ci arrivavo, non potevo controllare (ovviamente era uno scherzo, ma io c'ero cascato). Corro a casa quasi piangendo. Tu appena mi vedesti: " puita sesi prangendi"? (perchè stai piangendo?) Io: "m'anti tundiu a rasu"(m'hanno rapato a zero). La tua reazione: "ge se pagu stramu! Castiadi in su sprigu" (quanto sei tonto! Guardati allo specchio).
-Quando andavo a trovare Luciano Porru il calzolaio. Un giorno mi taglio un dito con il trincetto (lama affilatissima). Vedendo il sangue mi spaventai. Luciano e il suo apprendista incominciano: "cessu ti morrisi cun didu atottu"!(muori con il dito). Scappo di corsa a casa, tu mi vedi spaventato con il dito insanguinato e mi chiedi "ita asi fattu?" Io: "ziu Lucianu m'adi nau ca morru cun didu atottu". Mamma ero proprio un...boccalone. Tu dicesti: "Stramu da Gesu Cristu".
-Quando andai a fare il pastorello a Turri a casa dei fratelli Atzori (Dino e Paolo). Rientrai a casa dopo qualche settimana per cambiare la roba personale utilizzata con altra pulita, e scoprì che nonno Masala era morto. Era il 1961.
-Quando andavo a giocare nella trebbiatrice, ferma nell'aia con un figlio del prorpietario e altri coetanei. Mentre stavamo curiosando e armeggiando mi schiaccio il pollice della mano sinistra. Torno a casa con l'unghia a penzoloni. Dolori, dolori. Tu mi medicavi tutti i giorni con tanta pazienza a attenzione.
-Quando abitavamo in casa di nonno Piras, iniziai a frequentare le elementari. Ricordo che quando facevo i compiti prendevo la matita con la mano sinistra. Nonno mi dava all'improvviso certi schiaffoni sulla nuca che... era un piacere! Risultato: ho imparato a scrivere con la destra!
po’ oi bastat
Un saluto da Armando

Sardo sono  

mercoledì 16 settembre 2015

Ademprivio

Per ademprivio s’intendeva in Sardegna, e tuttora in diritto, un bene di uso comune, generalmente un fondo rustico di variabile estensione, su cui la popolazione poteva comunitariamente esercitare diritto di sfruttamento, ad esempio per legnatico, macchiatico, ghiandatico o pascolo. Il termine, usato al modo latino (ademprivia), ma apparso intorno al XIV secolo, fu diffuso in Sardegna dai sovrani giudicali durante il loro dominio sull'isola e mutuava istituti analoghi già in uso in aree comprese fra la Provenza e la Catalogna.
Un'altra descrizione minuziosa venne, dal generale Alberto Della Marmora, che la Sardegna esplorò a fondo come commissario straordinario e soprattutto come geografo d’intensa attenzione. Scrisse il militare in Voyage en Sardaigne: "Si chiama vidazzone una porzione di terra coltivata a cereali per un anno."Il generale fornì anche nozioni utili per la linguistica, precisando che il contrapposto termine di paberile si riferiva alle terre lasciate a riposo, mentre il vidazzone era propriamente il terreno seminato o già in piena vegetazione.


Sardo sono

venerdì 31 luglio 2015

A SU FOGU A SU FOGU!

Come ogni estate, ci risiamo. Gli incendi che distruggono tutto quanto trovano nella loro strada: boschi, campi coltivati a grano e altri cereali, case al mare e montagna, aziende artigiane e agricole, animali bruciati vivi, o salvati per miracolo, persone di tutte le età e condizione intrappolate nelle fiamme che fuggono verso qualsiasi parte col terrore di non farcela (come successe a Tempio Pausania). Dopo il passaggio del fuoco, il panorama è desolante, nero, fuligine e cenere sparsa, trasportata dal vento. Ogni forma di vita si ferma. Il paesaggio infonde rabbia, paura, impotenza, rassegnazione. Il fuoco è bello d’inverno per scaldarsi, per arrostire, per raccontare la vita (contus de forredda), per assaggiare il vino novello, per abrustolire il pane accompagnato magari da una fetta di pecorino alla brace, per fare gruppo tra giovani e anziani e tante altre cose che fanno bene al corpo e…allo spirito!


Sardo sono

mercoledì 29 luglio 2015

La lingua sarda

La nostra lingua, pur avendo subito l’influenza degli stati che ci hanno invaso e dominato, è sopravvissuta a tutto e a tutti! Hanno esercitato tutta l’influenza attraverso il divieto di parlare e scrivere in sardo. Ho sentito in età infantile genitori rimproverare i propri figli perché si esprimevano in sardo. Allucinante! Personalmente, non do la colpa (tutta) a questi genitori che ritenevano di fare il bene dei propri figli incitandoli e richiamandoli a parlare l’italiano (a volte volava anche qualche schiaffo!), ma ai dominatori di turno che avevano tutto l’interesse a far “dimenticare” e sostituire con la loro lingua la nostra. La mancanza più grave è la scarsa conoscenza nella scrittura; tutti noi abbiamo imparato a parlare il sardo dai nostri genitori, nonni, parenti, vicini di casa. In mancanza di una scuola è naturale avere difficoltà a scrivere e leggere il sardo. Personalmente non condivido, anzi respingo l’opinione secondo cui il sardo non serve perché oggi si parla inglese e altro. Ritengo invece che la lingua sia l’anima di un popolo, la sua memoria, la sua identità. Sapere l’inglese e pure il sardo equivale a essere cittadino del mondo in Inghilterra (esempio) e in Sardegna o ovunque c’è un sardo o un inglese!


Sardo sono 

mercoledì 27 maggio 2015

Vienna – alcune impressioni

Durante il breve soggiorno ho visto tanta gente, fiumi di persone in tutte le direzioni. Traffico abbastanza sostenuto, gli autobus sempre pieni, le persone davanti al semaforo pronte a attraversare non appena diventava verde. I locali pubblici sempre pieni, le piazze, le isole pedonali, i parchi, insomma tante persone ovunque mi girassi. La residenza dell’ex casa regnante (gli Asburgo) è tanto vasta a… perdita d’occhio, quasi senza…confini! Tutti i palazzi sono curati e salvaguardati nei minimi dettagli. Sorveglianti dappertutto, in divisa e attenti a tutti e su tutto. Ho visto giardinieri, restauratori in alcuni ambienti, al lavoro. Insomma, posso dire una vera industria! L’interno dei palazzi è sempre pieno di visitatori provenienti da tutto il mondo, accompagnati dalle guide turisitiche preparate per raccontare la storia dei palazzi, le opere d’arte, dei regnanti e delle autorità alle loro dipendenze. Il turismo, penso che rappresenti una delle principali ricchezze per la nazione. Tutto ciò che ho visto, ha rafforzato ulteriormente in me la convinzione che la tutela, la valorizzazione e diffusione del nostro patrimonio archeologico e artistico rimane una scelta strategica dell’Italia e in particolare della nostra Sardegna. Vorrei che imparassimo a considerare il nostro patrimonio, un bene prezioso sia perché è la nostra storia sia perché può diventare la nostra fonte di benessere.

Sardo sono

altre foto per tutti!














domenica 24 maggio 2015

venerdì 15 maggio 2015

le nostre torri

-Ogni volta che osservo i nostri nuraghi, provo a immaginare i costruttori mentre edificano sovrapponendo i blocchi a secco, rispettando sempre la forma circolare, e l’inclinazione tronco conica. La sapienza con cui i massi sono scelti, grandi le prime file e salendo in altezza blocchi di dimensioni minori. Apparentemente sembrano cose ovvie, forse lo sono! 
-Immagino poi il trasporto e la movimentazione dei blocchi di pietre pesanti parecchi quintali o anche di più. Per non parlare della scelta del posto su cui costruire! Tutti i nuraghi li troviamo in posizione elevata rispetto alla zona circostante e vicino a sorgenti, ruscelli o fiumi (Nuraghe Arrubiu – Orroli, Flumendosa; Nuraghe di Barumini, rio Mannu; nuraghe di Genuri, rio della Giara). 
-Bisogna riconoscere ai nostri antenati grande conoscenza e capacità di controllo del territorio. Noi sardi abbiamo avuto in “eredità” un patrimonio unico al mondo. Come tutte le eredità però bisogna valorizzarle attraverso la conoscenza e la diffusione.


Sardo sono