Le
genti che approdavano nella nostra isola, le immagino mentre s’inoltrano verso
l’interno su sentieri naturali, fermarsi in luoghi ricchi di selvaggina, di
frutti naturali, di acqua, ripari naturali (caverne, grotte).
I
capi famiglia o clan dediti alla caccia, alla difesa del luogo del momentaneo
riparo, le donne dedite alla conservazione dei cibi, alla preparazione e
mantenimento del fuoco, indispensabile alla vita di comunità o clan.
L’approdo
sulla costa della nostra isola doveva essere vissuto dalle genti come una sorta
di “liberazione” dalle acque. L’istinto di sopravivenza li spingeva a cercare
un riparo per difendersi dalle intemperie, dagli animali, dalle condizioni
ambientali. La paura, componente da cui l’uomo di qualsiasi epoca non può
prescindere, accompagnava i loro peregrinare in luoghi sconosciuti, ma
costretti dalla necessità di cercare e trovare luoghi migliori.
Quelle
genti lottavano quotidianamente per adattare, regolare e modificare l’ambiente
in cui si trovavano per l’istinto di sopravivenza. Le grotte naturali usate nei
primi tempi, si accorsero che non bastavano più; spazi spesso angusti, umidi,
freddi, presenza di animali pericolosi.
Immagino
che si posero il problema di realizzare dei ripari più adatti alla vita di
tutti e dei loro beni al seguito (animali, viveri). Per fare ciò, bisognava
passare da una vita nomade a una vita sedentaria. In questo modo era possibile
esplorare il territorio e individuare il luogo più adatto alla vita.
L’isola
che c’è da appuntamento alla prossima puntata!
sardo sono
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